È ormai assodato che la terapia dietetico nutrizionale (TDN) ed in particolare le diete a basso contenuto proteico (LPD = low protein diet) sono un elemento fondamentale nella cura della MRC1. Diversi studi nel tempo hanno dimostrato come la restrizione proteica dietetica possa prevenire e/o correggere segni e sintomi di MRC, ritardare i tempi della terapia sostitutiva renale e prevenire lo sviluppo del dispendio energetico proteico (PEW = protein energy wasting)1. Anche le Linee guida per la nutrizione nella malattia renale cronica (MRC) della Kidney Disease Outcome Quality Initiative (KDOQI) del 2020 raccomandano la restrizione proteica ai pazienti affetti da MRC negli stadi da 3 a 5 (non in dialisi), a condizione che siano metabolicamente stabili, con l’obiettivo di ritardare la progressione della malattia renale (classificato come livello di evidenza 1A) e migliorare la qualità della vita (classificato come livello di evidenza 2C)1,2.
I prodotti aproteici facilitano la vita del paziente proprio perché sono alimenti palatabili e già bilanciati in termini di ingredienti e profilo nutrizionale. I prodotti aproteici (che contengono anche pochi minerali come sodio, potassio e fosforo) sono infatti già “pronti” da consumare e contengono un quantitativo di energia comparabile a quello che caratterizza i prodotti “tradizionali”, fondamentale per evitare il rischio di malnutrizione. Inoltre sono reperibili in farmacia (facile accesso per il paziente) e lì può trovare: pane, pasta, biscotti, latte e prodotti surgelati come pizza, ravioli, rosette e lasagne. Oltre ai prodotti “pronti” è possibile reperire anche prodotti utili per cucinarecome ad esempio la farina, il mix secco per sostituire la carne macinata o la farina per dolci, questo consente di poter creare in casa il cibo preferito e di favorire la socialità, aspetto molto importante per la qualità della vita.
Migliorare la qualità di vita dei pazienti con MRC significa fare in modo che il paziente soddisfi i propri bisogni, sia soddisfatto della propria vita, abbia tempo libero per la sua vita sociale, con una condizione emotiva e fisica desiderata e attraverso relazioni interpersonali che gli permettono di vivere al meglio la sua vita3. Studi clinici hanno dimostrato come anche l’esercizio fisico, la qualità del sonno e la qualità del cibo influenzino la qualità di vita nei pazienti con malattie croniche3. Creare ricette più appetibili migliorerà l’aderenza alla TDN e, conseguentemente, le abitudini alimentari del paziente, portando ad un miglioramento nella qualità della vita4. Il consiglio primario per nefrologi e dietisti rimane quello di adattare la dieta alle esigenze del paziente, creando una TDN personalizzata, anche nei pazienti più anziani5. Un semplice piano dietetico schematico non è più adeguato alle complesse esigenze dei pazienti7. Il trattamento nutrizionale quindi deve essere sempre più mirato e adattato alle caratteristiche, alle abitudini del paziente e ai suoi bisogni clinici ed extra-clinici7. Il dietista deve offrire una vasta gamma di scelta nella prescrizione dei pasti per le diete ipoproteiche, con un approccio semplificato e flessibile che ne faciliti l’integrazione nel contesto delle attività quotidiane del paziente7. Dato che una dieta varia e appetibile è una chiave per il successo a lungo termine, dovrebbe essere fornita un’ampia varietà di ricette7. Il dietista è tenuto a dare maggiore importanza ad un approccio qualitativo piuttosto che quantitativo basato su cibi consentiti e proibiti7. Concedere ai pazienti un giorno durante la settimana libero dalle prescrizioni dietetiche (di solito in un giorno di dialisi) può anche aiutare il paziente a staccare dalla routine e soddisfare il desiderio di determinati cibi o condividere lo stesso pasto con altre persone a tavola7. La consulenza nutrizionale deve pertanto richiedere tempo, pazienza e la creazione di un rapporto ottimale con il paziente7. I pazienti hanno bisogno di una chiara comprensione del motivo per cui determinati alimenti devono essere selezionati o evitati e di come determinare la dimensione della porzione appropriata per ogni scelta di cibo7. Con questi piccoli accorgimenti, il paziente riuscirà a vivere più serenamente le prescrizioni dietetiche con un conseguente miglioramento dell’aderenza e della sua qualità della vita7.
Altro importante compito di una corretta TDN è evitare il PEW. Molti studi dimostrano che l’assunzione di energia nella dieta è inferiore ai fabbisogni nutrizionali dei pazienti con MRC e l’assunzione di alcune vitamine è spesso inadeguata per le esigenze del paziente6. Questo sembra essere particolarmente vero per la vitamina B6 (piridossina), la vitamina C, il folato e la vitamina D e, in alcune circostanze, l’1,25-diidrossicolecalciferolo6[CF1] [A2] . Il rischio di un inadeguato apporto dietetico di vitamina B6 è accentuato, poiché il fabbisogno nutrizionale di questa vitamina è aumentato nella MRC6. Anche[CF3] [A4] la necessità di assumere integratori di ferro, zinco e altri oligoelementi è una pratica ben consolidata6.
Un inadeguato apporto nutrizionale nei pazienti con MRC è motivo di notevole preoccupazione, perché il PEW è comune nei pazienti che stanno iniziando la terapia dialitica6. I pazienti spesso riportano di aver subito una perdita di peso durante i 3-6 mesi precedenti l’inizio della terapia sostitutiva renale a causa di un apporto proteico inadeguato6. Dati clinici indicano che le diete a basso contenuto proteico correttamente prescritte non generano PEW, anzi, aiutano a ridurre il loro rischio di mortalità dopo aver iniziato il trattamento dialitico6.
Tuttavia, se da una parte è vero che questi pazienti necessitano di una terapia sostitutiva per aumentare la loro aspettativa di vita, dall’altra l’ingresso in dialisi peggiora la loro condizione emotiva e, di conseguenza, la loro qualità della vita3.
La logica, la sicurezza e l’efficacia delle diete a basso contenuto proteico nel ritardare l’inizio della dialisi sono supportati da vari studi, che portano a proporli con un’evidenza classificata come 1A nella National Kidney Foundation-Kidney Disease Outcome Quality Initiative (NKF-KDOQI)1.
Il ritardo nell’inizio della terapia sostitutiva renale è un obiettivo primario della TDN1. Oltre agli ovvi vantaggi in termini di qualità della vita e costo del trattamento, ritardare la dialisi può effettivamente aumentare l’aspettativa di vita1. Le diete a basso contenuto proteico possono ritardare l’inizio della dialisi in due modi1:
1) a lungo termine: la riduzione dell’iperfiltrazione del singolo nefrone e della proteinuria può rallentare il tasso di declino della funzione renale residua;
2) nel breve periodo: migliorano l’equilibrio metabolico, riducendo i sintomi uremici e mantenendo l’equilibrio nutrizionale, consentendo così di posticipare la dialisi, anche se a velocità di filtrazione glomerulare (GFR = glomerular filtration rate) stabile.
Pazienti e medici desiderano sempre ritardare il più possibile l’inizio della dialisi o ridurre al minimo il numero di sessioni di dialisi dopo la sua iniziazione7. L’inizio della dialisi con un programma meno frequente può migliorare la qualità della vita di un paziente durante le possibili cure di fine vita e limitare il disagio associato al trattamento. Infatti i primi mesi di dialisi sono gravati da un alto tasso di mortalità, soprattutto nella popolazione geriatrica che può essere affetta da molte comorbidità7. Pertanto recentemente, in particolari categorie di pazienti, si è ricolto un particolare interesse alla combinazione di una dieta a basso contenuto proteico (sia LPD che SVLPD = supplemented very low protein diet), insieme ad un programma di dialisi incrementale6. Questi pazienti hanno un GFR così basso che è necessaria la dialisi cronica, ma è sufficientemente alto che l’emodialisi standard tre volte alla settimana o la dialisi peritoneale giornaliera potrebbero non essere necessarie per ridurre al minimo l’uremia6. In questi pazienti può essere iniziata una bassa dose di dialisi (ad esempio, somministrando emodialisi una o due volte alla settimana o somministrando una dose analogamente ridotta di dialisi peritoneale cronica). Con la dialisi incrementale, poiché la funzione renale residua (cioè il GFR residuo del paziente) continua a diminuire, la dose di dialisi cronica viene progressivamente aumentata fino a quando il paziente non riceve le dosi standard della terapia di dialisi6.
Studi clinici e studi epidemiologici suggeriscono che questo trattamento può offrire numerosi vantaggi al paziente: i sintomi uremici migliorano come se i pazienti stessero ricevendo una terapia di dialisi standard; i pazienti hanno più tempo libero per sé stessi, riescono ad adattarsi più facilmente a livello emotivo alla terapia dialitica incrementale6. Tutto ciò è possibile grazie alla TDN combinata. Infatti la funzionalità renale compromessa riduce l’escrezione di molti composti che si accumulano nei compartimenti extracellulari e intracellulari7. Queste tossine uremiche includono molecole idrosolubili di piccole, medie e grandi dimensioni, nonché sostanze legate alle proteine7. Dato che la maggior parte di queste molecole deriva dalla disgregazione delle proteine, la riduzione dell’assunzione di proteine può ridurre il loro accumulo e l’insorgenza e la gravità dei sintomi uremici, portando il paziente ad avere un netto miglioramento senza dover ricorrere alla terapia dialitica standard7. Inoltre, all’inizio della dialisi, l’utilizzo meno frequente della fistola nativa o dell’innesto vascolare può facilitare la “maturazione” dell’accesso vascolare e migliorarne la sopravvivenza. Inoltre, una graduale integrazione nel trattamento dialitico è spesso meglio accettata da quei pazienti che sono riluttanti ad iniziare7.
In sintesi, c’è un ritardo del declino del GFR residuo, la qualità della vita migliora, e diminuiscono i tassi di mortalità e i costi sanitari6. Infatti, secondo l’ultimo report del Censis, il costo totale in termini di costi diretti indiretti e sociali per settimana di trattamento (eseguito tre volte a settimana) varia da € 687,62 per la dialisi peritoneale a € 1.056,92 per l’emodialisi in ambito ospedaliero8.
In conclusione, la TDN non dovrebbe essere considerata solo un’opzione nel trattamento della MRC, ma un elemento centrale nella sua gestione1. Le LPD sono terapie efficaci per ritardare l’inizio della dialisi e hanno ulteriori benefici oltre alla restrizione proteica, promuovendo una migliore qualità della vita nei pazienti1. L’esperienza recente ha dimostrato che i nuovi alimenti aproteici hanno una migliore appetibilità e proprietà nutritive7.Questo ha aumentato l’aderenza alle prescrizioni dietetiche. I regimi dietetici sono ora adattati alle esigenze e alle abitudini del paziente7. Un approccio multidisciplinare è considerato fondamentale per aggiornare i bisogni medici e le prescrizioni dietetiche, garantire l’adesione al programma combinato ed evitare lo sviluppo di malnutrizione e dialisi inadeguata7. Con il crescente interesse per la dialisi incrementale, la TDN può consentire di utilizzare in modo sicuro ed efficace dosi più basse di dialisi, anche se la GFR continua a diminuire6. Tali combinazioni di terapia dietetica e dialitica incrementale potrebbero rallentare il tasso di perdita del GFR residuo, ridurre la mortalità nei pazienti con MRC, migliorare la qualità della vita e ridurre i costi sanitari, evitando di gravare sui pazienti e sulla popolazione generale6.
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