Secondo i dati riportati dal Global Burden of Disease, si stima che la prevalenza di MRC in Italia sia del 10%, percentuale che sfiora il 50% nelle persone con diabete mellito. Altri fattori di rischio sono l’ipertensione arteriosa, l’obesità, gli elevati livelli di colesterolo LDL e trigliceridi e la resistenza all’insulina con tendenza all’aumento della glicemia1,2.
Questa malattia comporta un importante rischio di patologie cardiovascolari con incremento della morbidità e mortalità per infarto del miocardio e ictus cerebrale, eventi che possono anche precedere l’evoluzione della MRC in insufficienza renale terminale e dialisi.
Come confermano gli studi, la progressione della MRC verso suddetta condizione è favorita dall’elevato consumo di proteine animali e dallo scarso apporto di frutta e verdura3.
Secondo evidenze scientifiche, il consumo di proteine animali comporta un aumento del flusso di sangue nell’arteriola afferente con conseguente incremento della pressione nei capillari glomerulari e distensione abnorme delle loro pareti.
Le cellule mesangiali site nel glomerulo, tra le anse capillari, si stirano e producono il collagene che si deposita favorendo la formazione di “fibrosi” intraglomerulare/cicatrici glomerulari.
Ciò comporta un’iniziale perdita di albumina attraverso i capillari glomerulari abnormemente distesi e permeabili (microalbuminuria). Intervengono, quindi, le cellule mesangiali che formano cicatrici a livello del glomerulo con conseguente progressivo danno strutturale del nefrone seguito dalla sua completa distruzione. Il numero dei nefroni scende progressivamente con concomitante riduzione della funzione renale e attenuazione della capacità filtrante del rene (riduzione della clearance della creatinina)3.
L’assunzione di proteine animali comporta anche un aumento del carico di acidi compensabile con la produzione di bicarbonati e quindi anche di ammonio prioritariamente a livello della porzione prossimale del tubulo del nefrone3.
Con la riduzione patologica del numero di nefroni, la produzione di ammonio, per unità filtrante, aumenta raggiungendo livelli tossici che amplificano il danno renale. L’assunzione di vegetali e frutta fornisce citrati e malati, sostanze in grado di mitigare l’acidosi con la generazione di composti alcalini. Il tubulo renale può quindi limitare la produzione di bicarbonati e ammonio riducendo il rischio di tossicità locale ammonio-dipendente3.
Tutto ciò è il risultato degli elevati carichi proteici sostenuti, in particolare, dalle proteine animali e dallo scarso apporto di frutta e verdure. Tuttavia, molti studi clinici controllati si concentrano sugli effetti della riduzione dell’apporto proteico totale e non sulle conseguenze derivanti dall’assunzione di diversi tipi di proteine3.
La Plant-dominant low-protein diet (dieta PLADO) nasce dall’osservazione secondo la quale un elevato consumo di proteine può condurre al peggioramento della funzione renale4. Nella sua essenza, è costituita da un basso contenuto di proteine di cui una percentuale, almeno pari al 50%, costituita da alimenti di origine vegetale ad alto valore biologico ed eccellente assorbimento gastrointestinale per garantire un’adeguata disponibilità di aminoacidi essenziali4.
In termini numerici, la PLADO4 si contraddistingue per l’apporto di:
In sostanza, la dieta PLADO prevede pasti costituiti da vegetali e cereali preferibilmente integrali, non raffinati e non trasformati. Pur essendoci ampie differenze in termini di composizione proteica, i vegetali possono fornire combinazioni di aminoacidi equivalenti a quelli derivanti dalle proteine animali. Utili a questo scopo, per le loro caratteristiche di elevata qualità proteica, sono la soia, i legumi, i cereali, le noci4.
Le fibre, contenute in frutta e verdura, sembrano inoltre favorire una riduzione dei livelli dei mediatori pro-infiammatori noti, a loro volta, per essere i responsabili di incrementi del rischio cardiovascolare e dell’evoluzione della MRC3.
Il consumo giornaliero di sale inferiore a 3 gr è coerente con il documentato effetto deleterio del cloruro di sodio sulla pressione sanguigna, sulla progressione della MRC e sulle complicanze cardiovascolari. Sono, infine, essenziali adeguati apporti calorici per scongiurare malnutrizione e dimagrimento3,4.
La prescrizione e la gestione di diete PLADO efficaci richiedono un approccio multidisciplinare al paziente con:
Monitorare i pazienti con MRC è importante perché questi individui presentano spesso quadri multi-patologici che richiedono terapie farmacologiche articolate.
Sono da monitorare microalbuminuria, clearance della creatinina, stato nutrizionale ed esami di base per scongiurare gli stati di eccessivo dimagrimento e le condizioni di sarcopenia con ipotrofia muscolare. Queste condizioni, che si manifestano anche in modo subdolo, aumentano il rischio di morbidità, mortalità e infezioni, a loro volta, responsabili di un’accentuazione della malnutrizione proteico energetica7.
Un attento monitoraggio è ancora più importante per i pazienti over 65, che rientrano nelle condizioni di fragilità perché tendono spontaneamente a mangiare meno, limitando l’introito di calorie, e dimagrire più facilmente rispetto ai giovani.
Per loro, l’apporto proteico deve essere dunque opportunamente valutato anche ai fini della conservazione della massa magra e non è da escludersi una supplementazione con aminoacidi e adeguati livelli di calorie8.
In tale contesto, l’attività anabolizzante dell’assunzione di proteine vegetali può essere migliorata in modi anche combinabili8:
Fino a qualche tempo fa, la tendenza era quella di limitare frutta e verdura nei nefropatici per il rischio di apporti troppo elevati di potassio. Attualmente, tale concetto è però dibattuto. L’apporto di questo minerale nelle pietanze può difatti essere ridotto mediante specifiche tecniche di preparazione delle stesse. Inoltre, frutta e verdura sono ricche di fibre, stimolano la digestione, rafforzano il microbiota intestinale e favoriscono l’evacuazione con la conseguente escrezione di potassio3.
I cibi vegetali sono, infine, da considerarsi altamente benefici anche per la capacità di mitigare l’acidosi e la presenza di fosfati in forme sostanzialmente non assorbibili (a differenza del grado di assorbimento dei fosfati della carne)3.
La dieta PLADO, gestita da specialisti, può apportare i seguenti benefici4,7.
Al fine di ottimizzare la gestione del paziente nella fase conservativa della MRC, si consiglia di valutare l’associazione della dieta PLADO all’assunzione di prodotti aproteici.
Questi ultimi rappresentano una risorsa energetica eccellente in grado di scongiurare l’instaurarsi di una condizione di deplezione proteico-energetica. Sono essenzialmente costituiti da carboidrati e pressoché privi di proteine, sodio, potassio e fosforo e permettono di privilegiare alimenti dall’elevato tenore proteico e alto valore biologico garantendo un adeguato introito di aminoacidi essenziali9.
La dieta PLADO ricopre un ruolo importante nella gestione del paziente affetto da MRC perché consente di ridurre il rischio cardiovascolare e una più rapida progressione della patologia stessa4.
La PLADO si fonda sull’assunzione di un basso quantitativo di proteine, sul maggiore contributo da parte di alimenti di origine vegetale e prevede, inoltre, un ridotto consumo di sale e un elevato apporto di fibre4.
Per una corretta gestione del paziente nella fase conservativa della MRC è anche bene prendere in considerazione l’associazione della dieta PLADO all’assunzione di prodotti aproteici. Questi ultimi sono essenzialmente costituiti da carboidrati e pressoché privi di proteine, sodio, potassio e fosforo e permettono di privilegiare alimenti dall’elevato tenore proteico e alto valore biologico garantendo un adeguato introito di aminoacidi essenziali9.
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