A cura della Dott.ssa Veronica Ferrara, PhD, Medical Affairs Renal Nutrition.
Le proiezioni epidemiologiche parlano chiaro: nei prossimi anni la malattia renale cronica (MRC) sarà una delle principali cause di morte a livello globale. In parallelo, il costo economico e sociale delle terapie sostitutive – dialisi e trapianto – rischia di diventare insostenibile per molti sistemi sanitari nel mondo.
In questo scenario, il 62° congresso ERA, tenutosi a Vienna dal 4 al 7 Giugno 2025, ha posto grande attenzione sulla necessità di potenziare e rendere più efficaci le strategie di gestione conservativa della MRC, che comprendono l’impiego di farmaci innovativi ma anche approcci non farmacologici come l’attività fisica, l’educazione terapeutica e la dieta.
Il tema della nutrizione è emerso nelle letture e abstract di diversi ricercatori internazionali, offrendo spunti interessanti, evidenziando l’importanza di un approccio integrato e basato su dati oggettivi anche nell’ambito della dietoterapia. Di seguito, alcuni insights rilevanti.
Oltre la teoria: come valutare davvero l’aderenza alla dieta?
Durante la lecture del Prof. Stephan Bakker (University Medical Center Groningen, UMCG) si è parlato dell’importanza di marcatori oggettivi per valutare l’assunzione dietetica, superando i limiti delle anamnesi alimentari soggettive. In particolare, l’urina delle 24 ore è stata proposta come strumento prezioso per stimare l’intake di proteine, sodio, potassio, magnesio.
Sebbene spesso percepita come poco pratica, questa raccolta è stata completata da oltre 160.000 soggetti in un grande studio multicentrico. Tra gli indicatori più significativi, spicca l’escrezione urinaria di creatinina: non solo riflette in modo affidabile la massa muscolare (in misura maggiore rispetto alla TAC, la risonanza magnetica o la DEXA grazie al minor numero di interferenze), ma risulta anche predittiva della mortalità. Studi condotti su diverse coorti (trapiantati di rene1, popolazione generale2, pazienti diabetici3, pazienti in terapia intensiva4) dimostrano una forte correlazione tra una bassa escrezione di creatinina urinaria nelle 24 ore e un aumento della mortalità.
Questi dati sottolineano come strumenti oggettivi possano aiutare i professionisti sanitari a identificare precocemente i pazienti fragili e a impostare un percorso nutrizionale più mirato, specialmente in fase pre-dialitica o nei pazienti trapiantati.
Proteine animali, plant-based e trapianto: la nutrizione richiede più sfumature
Il secondo spunto interessante riguarda il dibattito sulla qualità delle proteine nella dieta renale. Spesso si tende a contrapporre alimentazione plant-based e proteine animali, ma i dati emersi da uno studio su pazienti trapiantati raccontano una storia più sfaccettata.
L’assunzione di proteine animali non trasformate (come carne o pesce freschi) è risultata associata a una migliore sopravvivenza e a un ridotto rischio di fallimento del graft (5, 6). In particolare, l’escrezione urinaria di taurina – presente nei cibi animali – si è rivelata un marker utile, con potenziali effetti positivi sulla regolazione osmotica e la funzione renale7.
Questo dato non contraddice i benefici di una dieta a base vegetale, ma suggerisce che la qualità e la fonte delle proteine siano più importanti della dicotomia animale/vegetale. Un elemento cruciale anche per i pazienti in dialisi, dove mantenere la massa muscolare è fondamentale per la sopravvivenza, e spesso richiede un adeguato apporto proteico.
Diete plant-based sì, ma consapevoli: attenzione agli ultra-processed
Un altro contributo di grande rilevanza è arrivato dalla Prof.ssa Carla Avesani (Karolinksa Istitutet, Stoccolma) che ha posto l’accento su un aspetto spesso trascurato: non tutte le diete plant-based sono uguali. La crescente attenzione verso i regimi a base vegetale non deve farci dimenticare che molti prodotti plant-based industriali sono ultra-processati, ricchi di additivi contenenti fosforo e potassio.
Nel suo intervento, Avesani ha condiviso i dati di uno studio in via di pubblicazione, che mette a confronto due approcci:
-una dieta ricca in alimenti vegetali naturali (inclusi frutta e verdura ad alto contenuto di potassio),
-una dieta contenente numerosi cibi vegetali ultra-processati.
I risultati mostrano che la quantità di potassio è nettamente maggiore nel secondo caso, proprio a causa della presenza nascosta di additivi. Paradossalmente, lasciare ai pazienti una maggiore libertà nel consumo di frutta e verdura (con adeguato monitoraggio) potrebbe essere più sicuro rispetto all’introduzione di sostituti vegetali industriali, spesso percepiti come “healthy” ma potenzialmente rischiosi.
Un messaggio comune: educazione e misurabilità
Tutti gli interventi hanno messo in luce due punti chiave:
A questo si aggiunge la crescente attenzione alla qualità degli alimenti: è sempre più chiaro che non basta consigliare un’alimentazione “sana” o “plant-based”, ma serve distinguere tra cibi freschi e alimenti ultra-processati, spesso ricchi di additivi, fosforo nascosto e sodio aggiunto.
Conclusione
Il 62° congresso ERA ha mostrato come in molti paesi europei ed extra-europei e centri di ricerca si stia investendo nel rafforzare la componente nutrizionale nella gestione conservativa della MRC, integrandola con farmaci, monitoraggio attivo e stili di vita.
Come FLAVIS, continueremo a seguire da vicino questi sviluppi, con l’obiettivo di portare anche in Italia strumenti concreti e soluzioni nutrizionali su misura, al fianco dei professionisti della salute renale.
Bibliografia
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