A livello mondiale si stima che 1 persona su 10 sia affetta da malattia renale cronica (MRC), una patologia definita come una “condizione di alterata funzione renale che persiste per più di 3 mesi ed è classificata in 5 stadi di crescente gravità”. La MRC rappresenta un’importante causa di morbidità e mortalità nella popolazione, oltre che un rilevante problema di salute pubblica, considerando che può portare a un declino irreversibile della funzione renale (stadio terminale), per cui si rendono necessari dialisi e trapianto, e a un notevole aumento del rischio di patologie cardiovascolari (1).
In Italia, la prevalenza interessa il 12,17% della popolazione ma raggiunge valori fino al 50% in presenza di diabete, ipertensione arteriosa, obesità e dislipidemia. Inoltre, il modello di microsimulazione “Inside CKD”, sviluppato per modellare il carico clinico di MRC in quattro paesi europei, rivela come, entro il 2026, la prevalenza di pazienti con MRC su 100.000 persone aumenterà del 14.7% (3).
La stadiazione della MRC deve tener conto sia della velocità di filtrazione glomerulare (VFG) che della presenza di proteinuria/albuminuria. La valutazione congiunta di entrambi i parametri (6 stati di VFG e 3 gradi di albuminuria) migliora, infatti, la stima del rischio di progressione del danno renale, delle sue complicanze e dell’outcome del paziente (1) (Figura 1).
Stadi 1-2
Stadi caratterizzati da lievi alterazioni urinarie (proteinuria e/o ematuria), in assenza di sintomi, senza riduzione evidente della VFG (4).
Stadi 3a-3b
Stadi caratterizzati dalla riduzione della VFG <60 ml/min con proteinuria di grado variabile, e alterazioni del metabolismo rilevabili con esami di laboratorio. Si parla di insufficienza renale cronica (IRC) (4).
Stadi 4-5
Stadi caratterizzati da IRC severa (VFG <30 ml/min) e dalla comparsa di complicanze cliniche evidenti (4).
La MRC, soprattutto se ai primi stadi, può essere particolarmente subdola perché quasi del tutto asintomatica o caratterizzata solo da sintomi aspecifici quali letargia, stanchezza, prurito, nicturia e inappetenza (5). I sintomi clinici tipici della sindrome uremica, infatti, si manifestano spesso solo in fase avanzata quando, man mano che la malattia progredisce e la funzionalità renale si riduce, nell’organismo si accumulano varie sostanze note come soluti di ritenzione uremici, che comprendono le tossine uremiche (5). Queste sostanze tossiche biologicamente attive contribuiscono all’infiammazione, alla disfunzione immunitaria, alla malattia vascolare, alla disfunzione piastrinica, all’aumento del rischio di sanguinamento, alla disbiosi intestinale e complessivamente alla progressione della MRC (5). I segni e i sintomi uremici sono quindi molteplici e in genere interessano tutto l’organismo: stanchezza, letargia, difficoltà nel linguaggio e di attenzione, nausea, vomito, perdita dell’appetito, alitosi uremica, oliguria, nicturia, proteinuria, ematuria, prurito e crampi, edema periferico, pallore da anemia, difficoltà respiratorie, ipertensione (5).
Inoltre, nelle prime fasi della malattia anche le alterazioni degli esami di laboratorio possono essere solo lievi o possono rimanere ignote se non adeguatamente indagate (4).
Per tutti questi motivi, la MRC rimane ampiamente sotto-diagnosticata soprattutto nei suoi stadi iniziali. Lo studio REVEAL-CKD ha valutato la prevalenza della mancata diagnosi di MRC allo stadio precoce (stadio 3) ed i fattori di rischio ad essa associati. Nell’analisi italiana dello studio sono stati valutati dati clinici estratti da cartelle cliniche elettroniche di 900 MMG. In 65.676 pazienti la prevalenza complessiva di MRC non diagnosticata è stata pari al 77,0% (stadio 3a 83,0% vs. 3b 64,8%). I pazienti di sesso femminile e quelli di età >65 anni avevano una maggiore prevalenza di MRC non diagnosticata con una variabilità compresa tra il 66,6% e il 75,7% nei pazienti con le diverse comorbidità (6).
Ecco perché è fondamentale che il medico di medicina generale (MMG) utilizzi gli strumenti a sua disposizione per favorire una diagnosi il più possibile precoce, e poter intervenire precocemente anche sulla progressione della malattia. La diagnosi si basa sull’utilizzo di esami semplici e poco costosi, quali l’esame delle urine, per valutare albuminuria e proteinuria e calcolare il rapporto albuminuria/creatininuria, e il dosaggio della creatinina plasmatica, per la determinazione della VFG (7).
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