La nefrologia diventa green e conia il termine “Green Nephrology”. Obiettivo? Ridurre l’impatto ambientale di alcuni dei trattamenti a cui vengono sottoposti i pazienti con malattie renali perché come spiega Piergiorgio Messa, ex presidente SIN nel corso del 62° congresso della Società Italiana di Nefrologia, i cambiamenti climatici e l’inquinamento atmosferico si riflettono sulla salute delle persone e dei loro reni favorendo il possibile aumento dell’incidenza e della progressione delle malattie renali1. Ma non è finita qui perché, continua Messa, la dialisi lascia una pesante impronta ambientale a causa del consumo d’acqua ed energia, delle emissioni di gas serra e della produzione di rifiuti1,2.
Alla luce di questo preoccupante scenario, l’imperativo è ridurre il carico ambientale delle cure renali mettendo, per prima cosa, in campo una macchina per la prevenzione dell’insufficienza renale avanzata che consenta di scongiurare il ricorso alle terapie sostitutive (dialisi e trapianto)2. Tra le principali azioni da attuare, figurano l’ottimizzazione degli screening per la diagnosi precoce delle nefropatie e un incessante lavoro sulle misure di prevenzione primaria (stile di vita sano e corretta alimentazione con ridotto consumo di carne e cibi trasformati e maggiore apporto di prodotti provenienti da agricoltura biologica) e secondaria (ricorso alla terapia dietetico nutrizionale-TDN)2.
Le terapie sostitutive impattano negativamente sull’ambiente. Nella dialisi, come spiega l’ex presidente SIN, il sangue del paziente circola attraverso una rete di tubi realizzati con materiali plastici per essere poi ripulito attraverso dei filtri sintetici e, nel corso dello stesso trattamento, viene inoltre impiegato un liquido di dialisi che raccoglie le scorie tossiche presenti nel sangue3.
Numeri alla mano, i tubi plastici possono arrivare a superare i 2-3 metri di lunghezza, mentre il liquido di depurazione, carico di tossine biologiche, può anche sfiorare i 150 litri o più3. Se si considera che in Italia ci sono circa 50mila dializzati e che ognuno di essi deve sottoporsi a dialisi, in media, 3 volte alla settimana, si comprende immediatamente l’impatto gravoso di questa “macchina salvavita” sull’ambiente3.
Tra le terapie sostitutive, il trapianto del rene sembra essere, invece, la soluzione più sostenibile perché riduce l’impatto sull’ambiente del 95,7% rispetto all’emodialisi e del 90,9% rispetto alla dialisi peritoneale4.
Emodialisi e dialisi peritoneale sono terapie salvavita per il paziente con malattia renale cronica, ma hanno un certo impatto sull’ambiente. I principali problemi ambientali riconducibili all’emodialisi comprendono, per esempio, il consumo d’acqua ed energia, la produzione di CO2 e la generazione di rifiuti plastici2.
A prima vista, la dialisi peritoneale sembra essere più rispettosa dell’ambiente per il minore fabbisogno idrico e il ridotto consumo energetico per il trattamento in sé2. Tuttavia, non si possono trascurare gli elevati consumi d’acqua per la realizzazione del liquido di dialisi e i costi, in termini energetici, dei processi produttivi e di trasporto2.
Entrambe le tipologie di dialisi generano, infine, enormi quantità di rifiuti, alcuni dei quali da smaltirsi mediante un circuito separato perché potenzialmente contaminati a causa del contatto con fluidi corporei6.
Le sale operatorie rappresentano solo una piccola parte di un intero ospedale, ma, nonostante ciò, consumano più energia degli altri reparti e generano approssimativamente il 50%-70% di tutti i rifiuti clinici ospedalieri. La maggior parte è inoltre operativa per 24 ore 7 giorni su 7 e garantire tali livelli d’attività significa disporre di efficaci sistemi di illuminazione, riscaldamento, ventilazione ed aria condizionata, requisiti che rappresentano fino al 40% delle emissioni sanitarie globali7.
Più nel dettaglio, l’impatto di un qualsiasi intervento sull’ambiente, e dunque anche di un trapianto di rene, è dato dalla somma dei contributi di quanto accade prima e durante l’operazione7.
Nelle fasi preoperatorie, si devono, per esempio, considerare le emissioni di CO2 nell’aria durante il trasferimento, in ospedale, del paziente e degli operatori sanitari e gli effetti degli accertamenti pre-operatori7,8.
Nel corso dell’intervento, è invece indispensabile tenere conto dell’impatto sull’ambiente dei gas anestetici. Il tutto senza trascurare il consumo d’acqua, l’impiego di biancheria usa e getta, il condizionamento dell’energia e della temperatura interna alla sala e il ricorso a strumentazioni sterili monouso7.
Come già premesso, la nefrologia punta a diventare sempre più green e, per questo motivo, si concentra sulle possibili modalità con cui ridurre l’impatto di alcuni trattamenti sull’ambiente.
Al fine di salvaguardare l’uomo e il pianeta Terra, la Società Italiana di Nefrologia ha aperto, nel corso del suo ultimo congresso, un dibattito nel corso del quale sono state individuate azioni accessibili atte a ridurre l’impatto ambientale dell’assistenza sanitaria fornita ai pazienti con malattie renali6.
Le prime misure da mettere in campo possono essere così sintetizzate: riduzione, compatibilmente con le condizioni del paziente, del ricorso alla dialisi mediante l’adozione della terapia conservativa, stile di vita sano, riciclaggio di determinati materiali ospedalieri, contenimento del consumo energetico e idrico e scelta di macchine e forniture per la dialisi a minor impatto ambientale6.
La terapia dietetico nutrizionale (TDN) rappresenta un tassello essenziale nella gestione conservativa del paziente affetto da malattia renale cronica (MRC) e, in quanto tale, si prefigge diversi obiettivi9.
Tra questi figurano la posticipazione della dialisi, procedura altamente inquinante in ragione dei suoi prodotti di scarto, e la conservazione di uno stato nutrizionale ottimale mediante la riduzione dell’apporto di proteine e dunque di carne proveniente da allevamenti intensivi9.
La TDN prevede, infine, un attento controllo della qualità degli alimenti favorendo, ove possibile, l’assunzione di cibi di origine vegetale che aiutano a ridurre l’impatto degli alimenti sull’ambiente9.
Il cambiamento climatico costituisce una seria minaccia per la salute delle persone e dei loro reni ed è arrivato il momento di agire mettendo in campo una politica fondata su prevenzione delle malattie, ricorso alla terapia conservativa come strumento per ritardare, su larga scala, l’accesso alla dialisi riducendo così il conseguente impatto sull’ambiente, responsabilizzazione (o empowerment) del paziente, fornitura di servizi più snelli ed uso preferenziale di tecnologie a basse emissioni di carbonio10.
Nel contesto dell’assistenza sanitaria, si assiste, giorno dopo giorno, ad un aumento dei costi e delle emissioni ospedaliere di carbonio, trend in linea assoluta con i miglioramenti che si registrano in ambito diagnostico e terapeutico10.
In fase diagnostica, tutto ciò ha permesso di inviare un numero sempre maggiore di pazienti ai servizi di nefrologia con conseguente incremento dei carichi di lavoro compensati, però, dalla riduzione dei rinvii10. A fronte di una diagnosi certa e precoce di MRC e compatibilmente con le condizioni del paziente, è inoltre auspicabile poter ridurre l’impatto sull’ambiente anche attraverso trapianti pre-emptive e programmi dialitici infrequenti con riduzione del numero di dosi settimanali.
Tuttavia, è indispensabile andare a monte lavorando sulla prevenzione delle malattie in modo tale da arrecare benefici alla salute andando parallelamente a controbilanciare i costi e le emissioni di carbonio associate alle cure10.
Per ridurre i costi, migliorare la qualità di vita del paziente e limitare l’impatto della terapia sostitutiva sull’ambiente, bisogna anche puntare su servizi più snelli provvedendo, per esempio, ad erogare il servizio d’emodialisi a domicilio10. Per questo motivo, sempre più medici concentrano la propria attenzione verso modelli di assistenza sanitaria virtuale che racchiudono molteplici vantaggi quali il migliore accesso alle prestazioni, una maggiore continuità delle cure, la responsabilizzazione del paziente, il risparmio di tempo e la riduzione dell’impatto ambientale10.
Pe migliorare la sostenibilità delle cure renali, è infine fondamentale aprire un dialogo tra le industrie che operano nel settore e gli operatori sanitari al fine di ridurre l’impatto sull’ambiente lungo tutto il ciclo di vita del prodotto10.
Quando si parla di riduzione dell’impatto delle cure sull’ambiente, non si possono però non coinvolgere i pazienti che, se responsabilizzati, sono proattivi e reattivi nella gestione delle loro condizioni e possono così provare a prevenire e rispondere alle sfide che si presentano loro. Le persone che seguono, per esempio, terapie sostitutive renali a domicilio necessitano di minore assistenza da parte degli operatori sanitari abbattendo così i costi che si nascondono dietro alle cure. Educare e responsabilizzare il malato perché possa accedere all’assistenza sanitaria come e quando ne ha bisogno è, dunque, essenziale per contenere le emissioni di carbonio10.
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