Nell’articolo “Supplemented Very Low Protein Diet (sVLPD) in Patients with Advanced Chronic Renal Failure: Clinical and Economic Benefits”, apparso su Nutrients lo scorso Agosto, si riportano i risultati di uno studio osservazionale retrospettivo volto a valutare la sicurezza e l’efficacia della sVLPD, supplementata con soli aminoacidi essenziali e prodotti aproteici, senza chetoanaloghi, nel rallentare la progressione della MRC e ritardare l’inizio del trattamento dialitico con conseguente risparmio sulla spesa sanitaria.
Per lo studio di cui sopra, vengono reclutati 129 adulti (78 uomini e 51 donne) con comorbilità quali ipertensione arteriosa, diabete mellito, cardiopatia, rene policistico autosomico dominante e vasculopatia e in 101 già seguono, in fase di arruolamento, una dieta LPD negli stadi 3 e 4 della malattia.
Il campione così selezionato viene trattato con dieta sVLPD integrata con aminoacidi essenziali e personalizzata con il contributo del dietista.
Nel corso dell’indagine, i pazienti sono sottoposti a:
L’apporto proteico viene valutato con l’azoturia/die, considerando la quantità derivante dalla supplementazione aminoacidica stimata in circa 0,1–0,2 g/kg/die.
Durante lo studio e in rapporto ai risultati degli esami di laboratorio e alla valutazione clinica, vengono inoltre prescritti integratori di ferro, acido folico, eritropoietina, vitamine del gruppo B e D, chelanti di fosforo e potassio e integratori di bicarbonato.
La dieta sVLPD, supplementata con soli aminoacidi essenziali e somministrata a pazienti affetti da insufficienza renale cronica avanzata, prevede quanto riportato in Tabella 1.
Apporto calorico | 25 kcal/Kg/die |
Apporto proteico | 0,3 g/Kg/die |
Integrazione aminoacidica* | 8000 mg |
Carboidrati | Prodotti aproteici e frutta |
Apporto di sodio | ≤ 1,5 g/die |
Fosforo | 300-400 mg/die |
Potassio | 2000 mg/die |
Tabella 1. Caratteristiche della dieta sVLPD somministrata al campione di pazienti con insufficienza renale cronica avanzata.
* L-Leucina, L-lisina, L-isoleucina, L-valina, L-treonina, L-cistina, L-istidina, L-fenilalanina, L-metionina, L-tirosina e L-Triptofano.
Le condizioni in virtù delle quali si raccomanda di iniziare il trattamento dialitico sono le seguenti:
Criteri di inclusione: pazienti adulti con malattia renale avanzata stadio 5 con eGFR≤ 15 mL/min/1,73 m2 con almeno 3 mesi di osservazione.
Criteri di esclusione: cachessia e/o BMI <18,5 kg/m2 e/o albumina <3 g/dL, intolleranza a prodotti aproteici e/o aminoacidi essenziali, patologie acute, neoplasie, gestazione e/o allattamento con aspettativa di vita molto ridotta o con altri stati catabolici acuti o cronici, trattamenti con farmaci citotossici e/o steroidi, pazienti in nutrizione enterale/parenterale, disturbi del comportamento alimentare, diabete scompensato e malattia infiammatoria cronica intestinale o altre condizioni che potrebbero causare malassorbimento.
Criteri paziente non conforme: mancata aderenza alla dieta e almeno un altro criterio tra l’azoto ureico medio>128 mg/dl e l’assunzione proteica costantemente misurata > 0,5 g/kg/giorno.
Al termine dei 24 mesi di osservazione, si analizzano i dati relativi a 129 pazienti con almeno 3 mesi di follow up. Il tempo medio di osservazione è pari a 13,6±6,8 mesi per un totale di 1759,5 mesi di dieta e, in tale arco temporale, 91 pazienti (70,5%) hanno rispettato la terapia dietetica.
Dal confronto dei valori medi dei parametri monitorati nei due gruppi (pazienti conformi e non) durante l’osservazione, sono emerse, come si può desumere dalla Figura 1, differenze statisticamente significative per l’azoto ureico nel sangue (116.1 ± 31.7 mg/dL – 174.2 ± 42.2 mg/dL) e l’eGFR (11.6 ± 3.3 mL/min/1.73 m2 – 9.3 ± 2.7 mL/min/1.73 m2).
Figura 1. Comparazione tra il valore medio dell’azoto ureico nel sangue e l’eGFR nei pazienti conformi (C) e non conformi (NC).
Nei pazienti conformi, si osserva, in modo particolare, un controllo significativamente migliore dei valori di urea e una riduzione minore dell’eGFR (Figura 2).
Figura 2. Variazione dell’urea e dell’eGFR nei pazienti conformi (C) e non conformi (NC)
Le differenze di peso (Kg) e BMI (kg/m2) tra i due gruppi, rilevate all’inizio dell’osservazione, si mantengono e si accentuano in modo significativo durante tutto il periodo di studio a vantaggio dei conformi (70.8 ± 12.3 Kg – 97.1 ± 20.8 Kg, 26.2 ± 4 Kg/m2 – 31.8. ± 7.4 Kg/m2).
Per quanto riguarda i parametri di composizione corporea (acqua totale, massa magra e grassa), la percentuale media di pazienti in range risulta più alta nel gruppo di pazienti conformi, anche se in maniera non statisticamente significativa. Nel gruppo dei conformi, si verifica una tendenza al miglioramento della massa magra e grassa senza segni di malnutrizione.
In media, l’uricemia si è sempre mantenuta entro il range di normalità in entrambi i gruppi, ma è significativamente più bassa nel gruppo dei pazienti conformi (4.9 ± 0.6 mg/dL – 5.6 ± 0.5 mg/dL).
I valori di potassio e fosforo sono rimasti costantemente entro il range di normalità senza mostrare differenze statisticamente significative. Non si osservano inoltre differenze significative nei valori medi degli altri parametri, in particolare albumina, glicemia, emoglobina e ferritina.
Per verificare l’effettivo impatto della terapia dietetico nutrizionale (TDN) nel rallentare la progressione della malattia renale cronica, viene analizzato l’andamento dell’eGFR nell’intera popolazione osservata nell’anno che precede l’adesione a una dieta sVLPD e nei due successivi.
Nell’intera popolazione dello studio, i dati raccolti evidenziano una perdita media annua di eGFR pari a −3,9 ml/min/1,73 m2nell’anno antecedente la dieta sVLPD, −1 ml/min/1,73 m2 nel primo anno di sVLPD e −2,1 ml/min/1,73 m2 nel secondo anno. I pazienti conformi hanno, inoltre, confermato, nel secondo anno, una riduzione dell’eGFR più lenta rispetto ai pazienti non conformi.
Nel gruppo di pazienti conformi alla sVLPD, i benefici della terapia dietetico nutrizionale sul rallentamento della progressione della MRC sono stati maggiori tra i 71 pazienti a cui era già stata prescritta una dieta LPD durante gli stadi 3 e 4 della malattia renale.
L’andamento dell’eGFR durante il periodo sVLPD dipende anche dal tipo di dieta seguita in precedenza e sembra essere, per la precisione, inversamente proporzionale all’apporto proteico prima del periodo di osservazione. Dunque, l’andamento dell’eGFR è migliore nei pazienti che seguono una dieta con apporto di proteine pari a 0,6 g/kg/giorno rispetto a quello che si osserva nei soggetti che seguono una dieta con introito proteico compreso tra 0,7 e 0,8 g/kg/giorno.
Il protocollo sVLPD, associato al consumo di prodotti aproteici, ha permesso di evitare mesi di dialisi (in media 10.7 mesi) generando un risparmio lordo in termini di spesa sanitaria pari a 3.076.470 euro. Inoltre, la spesa sostenuta, per esempio, dalla Regione Marche per i prodotti aproteici (90 euro a paziente al mese) è stata di euro 158.358 con un risparmio netto totale, di conseguenza, pari a 2.918.112 euro.
Dall’analisi dei dati, emerge come quest’approccio sia ben tollerato dai pazienti, sicuro nel prevenire la malnutrizione ed efficace nel rallentare la progressione della malattia renale cronica in pazienti allo stadio 5.
Dati alla mano, si registra inoltre un buon controllo della pressione arteriosa nei pazienti aderenti al programma e un migliore controllo metabolico unitamente alla conservazione dell’equilibrio elettrolitico e acido-base. È stato, inoltre, possibile controllare l’anemia e l’equilibrio del ferro.
La sVLPD prescritta si basa, come già anticipato, anche sul consumo di prodotti aproteici che sostituiscono i comuni alimenti amidacei. Le proteine provengono principalmente da fonti vegetali. La dieta prescritta prevede, inoltre, elevate quantità di grassi vegetali in grado di soddisfare il fabbisogno calorico giornaliero. A ogni pasto viene inoltre prescritta un’adeguata quantità di frutta e verdura.
Nonostante la TDN sia di natura prettamente vegetale, non si registra iperkaliemia nei pazienti conformi anche a fronte di specifiche indicazioni volte a evitare il consumo di alimenti a più alto tenore di potassio e fosforo.
È opinione degli autori di questo studio che i pazienti debbano seguire il trattamento nutrizionale dietetico il più a lungo possibile fino alla comparsa di eventi o eventuali segni di PEW. Tuttavia, dovrebbero essere condotti ulteriori studi per valutare la sicurezza a lungo termine della sVLPD anche per stabilire se gli effetti sulla progressione della MRC, utilizzando una dieta LPD (0,6 g/kg/die + aminoacidi essenziali), siano uguali in termini di efficacia a una sVLPD con aminoacidi.
Non bisogna, inoltre, trascurare la possibilità di implementare programmi dialitici incrementali quando la sola TDN non è più sufficiente nel controllo clinico dell’uremia.
In termini economici, ci sono infine evidenze che dimostrano come una dieta fortemente ipoproteica conduca a risparmi per il sistema sanitario riducendo non solo i costi legati al trattamento dialitico, ma anche quelli legati al ricovero, alla gestione degli accessi vascolari e peritoneali e alla gestione delle complicanze cliniche. Da considerare anche i benefici per l’ambiente in termini di riduzione del consumo di acqua (circa 500 L/seduta dialitica/pt) e della produzione di rifiuti (circa 2 kg/seduta dialitica/pt).
Lo studio osservazionale condotto, unitamente all’esperienza clinica dei suoi autori, suggerisce che l’approccio dietetico proposto e fondato su una dieta integrata a bassissimo contenuto proteico (sVLPD), senza uso di chetoanaloghi, è realizzabile, sicuro e la malnutrizione può essere evitata.
La TDN, impostata anche sull’assunzione di prodotti aproteici e aminoacidi essenziali, si rivela, in modo particolare, vantaggiosa nel trattamento dei pazienti con malattia renale cronica allo stadio 5 anche grazie all’elevata compliance dei pazienti selezionati.
In modo particolare, si evidenzia un rallentamento nella progressione della MRC e la posticipazione del trattamento dialitico sostitutivo con conseguente risparmio economico per il Sistema Sanitario Nazionale. Un simile approccio permette, dunque, di prolungare il tempo predialitico consentendo di adottare il trattamento dialitico più appropriato e raggiungere l’obiettivo del trapianto preventivo.
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