La prevalenza del diabete sta aumentando in tutto il mondo a proporzioni epidemiche. Nel 2021 erano circa 525 milioni le persone che convivevano con questa malattia e si prevede che il numero supererà i 1,3 miliardi entro il 2050 (1). In Italia la prevalenza ha raggiunto il 6,3% nel 2021 e le proiezioni mostrano un incremento fino a 6,1 milioni di diabetici nel 2030 (2; 3).
Si stima che il 30-40% di questi pazienti sviluppi la malattia renale diabetica (DKD), la causa più comune di malattia renale allo stadio terminale (4). La diagnosi clinica è basata sulla presenza di albuminuria e/o ridotta velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR), ed è causata da iperglicemia, ipertensione, invecchiamento e altri fattori di rischio di malattia renale cronica (MRC) (5).
La maggior parte delle persone che sviluppano la DKD sono affetti da diabete mellito di tipo 2 (T2DM), che rappresenta il 90% del diabete a livello globale. Nel diabete mellito di tipo 1 (T1DM) invece, la DKD si manifesta raramente entro i primi 10 anni dalla diagnosi, ma tra i 10 e 20 anni la sua incidenza è di circa il 3% all’anno. Il rischio di sviluppare la malattia varia da individuo a individuo e non dipende solo da quanto tempo si è affetti da diabete, ma è anche influenzato da altri fattori, come il controllo glicemico e la pressione arteriosa (5; 6).
Lo sviluppo della DKD aumenta il rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare (CV). I soggetti che hanno sia il diabete che la malattia renale hanno un rischio di mortalità da 3 a 12 volte maggiore rispetto a quelli con solo diabete e la maggior parte di loro morirà prima che la MRC arrivi allo stadio terminale, principalmente a causa delle malattie cardiovascolari (7).
La maggiore suscettibilità agli esiti cardiovascolari avversi è data in parte dall’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS), che regola la pressione sanguigna, l’equilibrio salino e l’omeostasi dei fluidi. Il blocco del RAAS con gli ACE-inibitori (ACEI) o i bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARB) è spesso utilizzato per modificare gli stati di iperfiltrazione e ritardare la progressione della malattia renale (8).
Tuttavia, questi farmaci non possono arrestare sufficientemente la progressione della DKD nella misura necessaria. Studi clinici hanno dimostrato che la terapia dietetico nutrizionale (TDN), in particolare la dieta a basso contenuto proteico, è un intervento nutrizionale in grado di rallentare la progressione della malattia renale. Infatti, questa dieta ha dimostrato di inibire il RAAS intrarenale, in maniera simile ad ACE inibitori e ARB. In questo modo, la TDN può mostrare effetti nefroprotettivi simili a un blocco del RAAS, con effetti additivi sulla progressione della malattia. Questi risultati suggeriscono che la progressione della malattia possa essere più efficacemente rallentata quando la TDN e la terapia farmacologica sono combinati (9).
Lo studio Steno-2 ha mostrato come un intervento combinato di farmaci e modifica dello stile di vita nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 (T2DM) abbia portato a una serie di benefici, tra cui il miglioramento della sopravvivenza, la riduzione degli eventi cardiovascolari e il rallentamento della progressione della DKD (5; 10). Lo studio ha randomizzato 160 persone con T2DM e albuminuria moderata (A2) al trattamento standard (dieta, anti-ipertensivi, ACE inibitori, insulina, statine e aspirina) o all’implementazione graduale della modifica dello stile di vita e della gestione farmacologica di iperglicemia, ipertensione, dislipidemia e microalbuminuria. Sono stati osservati tassi significativamente più bassi di progressione a nefropatia, retinopatia e neuropatia autonomica (odds ratio per lo sviluppo di albuminuria grave (A3) 0,27, IC 95% 0,1-0,75), così come maggiori riduzioni dei tassi di escrezione di albumina e di eventi cardiovascolari (5; 10). Ulteriori analisi dei risultati dopo la fase randomizzata dello studio hanno riportato una riduzione significativa della mortalità per tutte le cause (HR, 0,54; IC 95%, 0,32-0,89), nonché tassi più lenti di declino della GFR (3,1 ml/min/anno nel gruppo che assumeva una terapia più intensiva rispetto a 4,0 ml/min/anno nel gruppo in terapia convenzionale) e ha suggerito un ridotto rischio di progressione allo stadio terminale della MRC (HR 0,36, IC 95% 0,12–1,05) (5; 10).
Le linee guida KDIGO e l’American Diabetes Association e l’European Association for the Study of Diabetes Consensus Report raccomandano ai pazienti con T2DM e MRC una modifica dello stile di vita (dieta e attività fisica), metformina come trattamento di prima linea insieme a un inibitore SGLT2 per la protezione degli organi (come cuore e reni) ed educazione all’autogestione (11).
Rispetto alla popolazione generale, i pazienti con DKD hanno spesso requisiti nutrizionali complessi che includono l’aumento o la limitazione dell’assunzione di determinati nutrienti (11). Le attuali linee guida di pratica clinica non affrontano completamente tutte le aree di gestione della dieta a causa delle controversie esistenti e delle lacune nelle conoscenze su particolari interventi (12).
La piramide alimentare della DKD proposta da Ko et al., e aggiornata con le attuali linee guida, riassume le principali indicazioni nutrizionali per questi pazienti:
Per quanto riguarda l’intake proteico, le più recenti linee guida KDIGO 2024 suggeriscono di mantenere un apporto pari a 0.8 g/kg peso corporeo/die in pazienti che si trovano in stadio 3-5, non in dialisi (14). Tuttavia, nei pazienti che sono disposti e nelle condizioni di poterla fare (abitudini alimentari, disponibilità dei prodotti aproteici e team specialistici dedicato) e che sono a rischio di malattia renale avanzata, si suggerisce l’introito proteico a 0.6 g/kg peso corporeo/die fino a 0.3 g/kg peso corporeo/die supplementata con aminoacidi essenziali (AAE) e chetoanaloghi (KA) (14).
Le linee guida KDOQI 2020 suggeriscono di mantenere un apporto proteico pari a 0,6-0,8 g/kg peso corporeo/die in pazienti diabetici che si trovano in stadio 3-5, non in dialisi. Mentre suggeriscono un apporto proteico pari a 0,5-0,6 g/kg peso corporeo/die in pazienti senza diabete (1A) (13).
Intake proteico nei soggetti nefropatici diabetici non in dialisi | |
LINEE GUIDA KDIGO 2024(12) | LINEE GUIDA KDOQI 2020(13) |
0,8 g/kg PC/die (2C) | 0,6-0,8 g/kg PC/die (Opinione) |
È interessante notare la similitudine che si può riscontrare in termini di effetti tra quelli relativi ai farmaci SGLT2i e quelli operati da una dieta ipoproteica, in quanto entrambi questi approcci promuovono una riduzione dell’iperfiltrazione glomerulare, una riduzione della proteinuria ed il ripristino dell’autofagia. Questo induce a riflettere sui vantaggi in termini nefroprotezione che potrebbero sperimentare i pazienti trattati con l’associazione tra SGLT-2i e TDN (16).
Quando si parla di TDN e DKD, va sempre ricordato che al paziente nefropatico diabetico è richiesto un ottimale controllo glicometabolico per poter raggiungere gli obiettivi terapeutici di una restrizione proteica mantenendo il bilancio azotato e la sicurezza nutrizionale (15). Nella DKD si possono verificare infatti una serie di condizioni che aumentano la richiesta azotata, rompendo l’equilibrio del bilancio azotato, essenziale per mantenere un buono stato di nutrizione e di composizione corporea.
Alcune di queste condizioni sono (15):
Diverse barriere devono essere considerate nel tentativo di raggiungere gli obiettivi dietetici desiderati. Pertanto è essenziale che i pazienti siano incoraggiati ad essere coinvolti attivamente nella propria gestione e ricevano supporto nel raggiungimento degli obiettivi terapeutici concordati con nefrologi e dietisti (5).
In conclusione, la DKD è una delle principali sfide sanitarie, in quanto complica il decorso della malattia di molte persone che convivono con il diabete ed è una delle principali cause di progressione allo stadio terminale della MRC. La presenza di DKD è anche fortemente associata ad eventi cardiovascolari e ha una grande influenza sulla sopravvivenza. La sua gestione richiede un approccio multidisciplinare che combini la riduzione del rischio cardiovascolare con elementi per rallentare la progressione della malattia renale (5). I piani personalizzati di gestione della dieta hanno un grande impatto sulla qualità della vita del paziente. La TDN nei pazienti con DKD può non essere più considerata una misura complementare, ma un fattore significativo che ritarda la progressione della malattia, aumentando la sopravvivenza (17).
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